Pale di San Martino

Le Pale di San Martino, conosciute anche con il nome di Dolomiti di Primiero o di Gruppo delle Pale, costituiscono non solo uno dei più celebri ma anche il più imponente gruppo delle intere Dolomiti.

Si estendono infatti su una superficie di circa 240 km², sviluppati tra il Trentino orientale e la provincia di Belluno, in una zona che ricomprende diverse valli tra cui quella del Primiero, quella del Biois e l’Argordino.

La zona trentina delle Pale di San Martino rientra totalmente nel Parco naturale Paneveggio – Pale di San Martino, area protetta regionale istituita dalla Provincia autonoma di Trento nel 1967 ed estesa 197 km².

L’origine della denominazione deriva dal termine Pala, sostantivo con il quale venivano solitamente indicati i pendii erbosi collocati alle pendici delle montagne. Per estensione, si utilizzò la parola per indicare l’intero complesso montuoso, ricevendo l’aggiunta della denominazione geografica “di San Martino” a causa della vicinanza della celebre località turistica di San Martino di Castrozza.

L’elemento più caratteristico delle Pale di San Martino è senza dubbio il Cimon della Pala, anche conosciuto semplicemente come Cimone.
Nonostante sia superato in altitudine dalla cima Vezzana (seppur di pochi metri), il Cimone possiede caratteristiche naturali tali da aver reso il suo profilo spigoloso e slanciato come una delle più celebri vette delle intere Dolomiti.
Fu proprio questa cima a generare il primo turismo alpino nelle valli del Primiero, e ciò principalmente ad opera del forte afflusso di alpinisti inglesi verso la fine del secolo diciannovesimo.

All’interno del complesso montuoso sorge un imponente altopiano, nel settore centrale del gruppo, che ricopre una superficie di quasi 50 km² ad un’altitudine compresa fra i 2500 e 2800 metri.
L’altopiano delle Pale, quasi nascosto dalle muraglie rocciose che ne costeggiano l’estensione, è accessibile soltanto una volta penetrati all’interno del gruppo montuoso. Una volta raggiunto, la sua maestosità assume i caratteri di conche, salite improvvise e profonde crepe all’interno della roccia; è inoltre attraversato da una visibile frattura nel suo mezzo, la Riviera Manna, che conduce ad un omonimo, pittoresco laghetto.

Le caratteristiche rocciose del carsismo dell’altopiano ha fatto scrivere ad un alpinista inglese, Leslie Stephen, che si trattasse del “più selvaggio e sterile dei deserti”; Cesare Battisti, invece, descrisse la conca di San Martino come “il più superbo anfiteatro delle Alpi Dolomitiche”.

La sua ambientazione lunare avrebbe inoltre ispirato il celebre romanzo di Dino Buzzati, grande amante delle vette dolomitiche, il Deserto dei Tartari.